5a puntata: Made in Lecco: esportare macchine per fare armamenti

Senza le dettagliate informazioni sul materiale esportato contenute nella Relazione sulle operazioni autorizzate e svolte per il controllo dell’esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento – questo è il titolo completo della relazione annuale al Parlamento secondo la Legge 185/1990 – non potremo più conoscere le reali conseguenze del commercio di armi italiane. Non sapremo quali e dove sono state inviate armi prodotte nel nostro paese, e dunque non potremo valutare se i nostri governi osservano o violano le regole preventive contenute nella legge e nel Trattato internazionale sul commercio delle armi firmato nel 2013. In effetti in passato abbiamo denunciato molti casi in cui i governi non hanno rispettato il comma b dell’art. 6 della legge, che recita: «L’esportazione, il transito, il trasferimento intracomunitario e l’intermediazione di materiali di armamento sono altresì vietati (…) verso Paesi la cui politica contrasti con i princìpi dell’articolo 11 della Costituzione».

È in particolare il caso dell’export autorizzato ad alcune piccole e medie aziende italiane, operanti nella nicchia alquanto sensibile delle attrezzature per confezionare munizioni leggere. Chi si dota di attrezzature del genere può facilmente aggirare limitazioni ed embarghi internazionali, deve solo procurarsi le materie prime necessarie (ottone, ferro ramato, acciaio, polimeri per i bossoli, piombo per l’ogiva, primers e polveri) per fabbricarsi in casa le munizioni. Paesi che prima dipendevano dall’estero per rifornire i propri arsenali possono dunque divenire produttori e anche esportatori, alimentando una circolazione senza fine di queste micidiali merci a basso valore aggiunto ma prodotte e vendute in grandi volumi. Fornire questo tipo di attrezzature contrasta nei fatti la volontà di ripudiare la guerra come strumento di offesa della libertà dei popoli.

Sebbene definite “attrezzature inerti per la fabbricazione di punte calibro…”, le autorizzazioni governative hanno consentito di esportare macchine sofisticate come questa, propagandata da Invernizzi Presse come «attrezzatura rivoluzionaria per la fabbricazione di munizioni».
Queste sono alcune delle attrezzature che un produttore lecchese ha esportato in Israele, grazie alle autorizzazioni governative concesse nel 2023.

Nel 2023 le aziende italiane autorizzatea vendere accessori, attrezzature e know-how per confezionare munizioni sono state sette: OMC Wirelombardia Srl, Invernizzi Presse Srl, Carlo Salvi Spa, Minuterie 3M Srl, R.B. Srl, Simecon Srl, Bjo Tactical Solutions Srl. Nomi poco conosciuti, società con fatturati tra i 6 e i 30 milioni di euro, 30-50 dipendenti, tuttecon sede in provincia di Lecco. Che è una delle più piccole province italiane, dove è cresciuta per fatturato e fama mondiale la Fiocchi Munizioni di Lecco, a cui si deve indirettamente lo sviluppo di un piccolo settore di meccanica specializzata nella fabbricazione di accessori e macchinari per munizioni leggere. Da anni queste aziende si sono affacciate sul mercato internazionale, dove godono di una rinomanza “di riflesso”, grazie all’apprezzamento delle armi leggere italiane nel mondo.

Le maggiori forniture sono verso i paesi Nato e Ue dell’Europa orientale, Repubblica Ceca, Ungheria, Slovenia, e soprattutto Polonia, il cui programma di riarmo ha assunto un ritmo allarmante. Tuttavia fra i destinatari vi sono paesi diventati forti esportatori di munizioni leggere e che non hanno ratificato il Trattato internazionale sulle armi in vigore dal 2014, come Turchia, Macedonia del Nord e India, altri che hanno regimi non democratici (Qatar, Emirati Arabi Uniti), troviamo paesi in preda al crimine organizzato come il Messico, c’è Israele che si sta macchiando di crimini di guerra contro la popolazione civile. Va ricordato anche il tentativo di esportare macchinari per la fabbricazione di munizioni verso l’Etiopia, sequestrati dalla Guardia di Finanza nel gennaio 2023. L’azienda costruttrice, la Forza 3M di Lecco, li aveva presentati in porto a Genova come comuni macchine utensili.

L’articolo de «Il Secolo XIX» del 24 gennaio 2023, che dava la notizia del sequestro di attrezzature per fabbricare munizioni, presentate in porto dalla ditta Forza 3M ma prodotte dalle Minuterie 3M, entrambe controllate dalla famiglia Monti e con sede a Lecco in via Di Vittorio 12.

Una ri-conversione di queste aziende alle produzioni non militari ci sembra tanto urgente quanto concretamente possibile. Tutte, infatti, operano già in mercati come l’automazione industriale, il packaging, le attrezzature a controllo numerico, nelle presse e stampatrici a caldo e a freddo, e quasi sempre i prodotti a destinazione militare rappresentano una parte minore del fatturato aziendale. In un’economia di pace, l’esportazione di attrezzature per la fabbricazione di armi e munizioni è da valutare attentamente, caso per caso, evitando le destinazioni verso paesi che non garantiscono il controllo e la pubblicità circa il reale utilizzatore finale.