“Fari di Pace” a Ravenna

Sabato 24 febbraio 2024, the Weapon Watch e Pax Christi hanno organizzato, con il sostegno di un gran numero di associazioni locali e in particolare della Camera del Lavoro provinciale di Ravenna, un’altra tappa dei Fari di Pace,  un evento che passa attraverso i porti italiani per ricordare che «la guerra incomincia da qui», dai porti da cui partono e transitano gli armamenti. I Fari di Pace sono partiti da Genova nell’aprile 2022,  hanno poi toccato La Spezia, Napoli, Bari. All’incontro di Ravenna, ospitato nella sala convegni dell’Autorità portuale, ha partecipato un pubblico numeroso e attento, che ha poi formato un corteo attraverso la città partecipando alla giornata nazionale di mobilitazione per la pace, e per il cessate il fuoco in Palestina e Ucraina.

All’incontro avrebbe dovuto intervenire anche il presidente dell’Autorità portuale di Ravenna, Daniele Rossi, che ha inviato un suo messaggio scritto. Lo riproduciamo qui integralmente [a sinistra], con una nostra replica, nell’intento di instaurare un dialogo a distanza su un tema tanto delicato e rilevante quale il trasporto di armamenti, e su cui abbiamo già raccolto qualche stimolo da Mario Sommariva, presidente dell’Autorità portuale della Spezia.

MESSAGGIO DEL PRESIDENTE ROSSI

Con sincero rammarico non potrò partecipare all’odierna iniziativa che CGIL ER e le Camere del Lavoro provinciali hanno meritoriamente organizzato a Ravenna.

Credo comunque doveroso condividere con voi le mie riflessioni.

E voglio partire dalla condanna senza riserve del brutale attacco terroristico di Hamas e la violenza

omicida perpetrata ai danni di oltre un migliaio di uomini, donne e bambini israeliani il 7 ottobre scorso, il più grave atto omicida collettivo dall’Olocausto in poi.

Hamas è una organizzazione di criminali terroristi e deve pagare con il totale annientamento per i suoi crimini. Ma questo non giustifica la violenza, i lutti, i massacri di civili palestinesi nella Striscia di Gaza, che nulla hanno a che fare con i terroristi di Hamas e resteranno un vulnus impossibile da sanare.

Nella Striscia, è un dato incontrovertibile, muoiono sotto le bombe o per mancanza di cure vecchi, bambini, malati: difficile pensare che un neonato o i pazienti di un ospedale possano partecipare attivamente ad azioni terroristiche o costituire la base di sostegno per Hamas.

Nessuno nega il diritto di Israele di assicurare alla giustizia i responsabili del massacro di ottobre, ma niente può giustificare l’eccidio di un popolo.

La comunità internazionale deve garantire l’autoderminazione di entrambi i popoli, Israele e Palestina devono trovare la pace nella formula dei “due popoli, due stati”.

Venendo al ruolo dei porti, credo sia difficile sostenere che per prevenire o gestire conflitti sia sufficiente chiuderli in modo indiscriminato ai traffici verso alcune aree del mondo. La ricchezza delle nazioni, il benessere dei popoli transita dai porti. I porti sono fonte di vita, sono luoghi da proteggere e tutelare, dove ovviamente devono essere rispettate le leggi dello Stato.

E questo è il punto! Le leggi dello Stato.

Per quanto riguarda il porto di Ravenna, non ho alcuna informazione in merito a trasporti di armamento bellico in violazione delle leggi dello Stato ed invito chi ne avesse ad informare la Procura della Repubblica.

Mi pare francamente velleitario pretendere che un funzionario pubblico, quale è il Presidente di Autorità Portuale, violi le leggi dello Stato di cui è rappresentante e decida lui quali sono le regole che si applicano nel porto che amministra pro-tempore.

Nulla cambierà mai il mio profondo rispetto delle regole della democrazia e delle leggi generate dal processo democratico, anche di quelle che non condivido.

Vi porto quindi il mio saluto e il sostegno morale per la giusta battaglia di civiltà che state conducendo.

Daniele Rossi

Presidente dell’Autorità di Sistema Portuale del Mar Adriatico centro settentrionale

LETTERA APERTA DEL PRESIDENTE DI WEAPON WATCH

Gentile Presidente Daniele Rossi,

avevamo accolto la sua presenza al seminario dal titolo «Accendere FARI DI PACE per svelare i traffici di armi e gli interessi che preparano e alimentano le guerre» come una positiva novità: per la prima volta, il presidente di una Autorità portuale avrebbe partecipato a un confronto pubblico sui temi del “traffico” di armi. Il mancato confronto ci spinge a tornare, qui, sul punto centrale toccato dal suo messaggio: le leggi dello Stato. È proprio questa la questione. Quello che gli organizzatori del seminario volevano e vogliono sottolineare è che tutte le leggi dello Stato in materia di trasferimenti di armi devono essere rispettate, dagli operatori lungo l’intera catena logistica così come dalle autorità di sorveglianza e di decisione.

Ci sono una legge dello Stato e un Trattato internazionale ratificato dal nostro paese che impongono di non esportare né consentire il transito di armamenti diretti verso paesi (cito) «in stato di conflitto armato (…), la cui politica contrasti con i principi dell’articolo 11 della Costituzione (…), nei cui confronti sia stato dichiarato l’embargo totale o parziale (…), i cui governi sono responsabili di gravi violazioni delle convenzioni internazionali in materia di diritti umani (…), che destinino al proprio bilancio militare risorse eccedenti le esigenze di difesa».

In questo momento sono in corso nel mondo 59 guerre. Secondo i criteri sopra elencati, rientrano nell’elenco dei paesi verso cui non dobbiamo consentire né esportazione né transito di armi: Arabia Saudita, Azerbaijan, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Israele, Libia, Qatar, Turchia, Ucraina. Non ci risulta che né nel porto di Ravenna, né in nessun altro porto italiano si siano impedite esportazioni e transiti di armi verso questi paesi.

Noi non chiediamo che si chiudano i porti in modo indiscriminato. Chiediamo invece che si rispettino la Legge 185/1990 e il Trattato sul commercio delle armi, recepito nel nostro ordinamento con la legge n. 118 del 2013 e in vigore dal 2014.

Per il momento, i soli che hanno contribuito a far emergere quei trasferimenti di armi che sono in contrasto con la legge, con il trattato, con la Costituzione, sono stati i lavoratori portuali di Genova, che da quattro anni protestano per il passaggio delle navi di una compagnia saudita, sempre cariche di armi probabilmente impiegate per uccidere in modo indiscriminato civili yemeniti che nulla avevano a che fare con gli houthi.

Sul tema delle armi e della guerra c’è una distanza, che tende ad ampliarsi, tra il sentimento generale del paese e gli interessi economici di un assai limitato comparto produttivo, di un’industria della difesa che può sopravvivere solo esportando armi e guerra. Su questo tema non ha molto senso ricorrere all’autorità giudiziaria. Piuttosto sarebbe utile se, di fronte alla disapplicazione delle leggi si potesse attivare una figura intermedia e autorevole come quella del presidente di un’Autorità di sistema portuale, che è sì di nomina ministeriale ma ha compiti di tutela dell’interesse collettivo e di armonizzazione tra interessi contrapposti. Tra l’altro il presidente dell’AdSP provvede al coordinamento delle diverse amministrazioni pubbliche coinvolte nella gestione portuale, ha il ruolo per convocare conferenze dei servizi tematiche, e può aprire un tavolo di confronto con le rappresentanze dei lavoratori e della società civile sul tema della sicurezza rispetto al transito di esplosivi e degli armamenti.

Auspichiamo che anche a Ravenna si possa instaurare un metodo trasparente, nello spirito e nella lettera di leggi e trattati che regolano i trasferimenti di armamenti.

Carlo Tombola, Presidente the Weapon Watch