La guerra circolare in Sudan: con la partecipazione di Russia, Ucraina, Emirati Arabi Uniti, Ciad

di Federica Iezzi

In Sudan ha esordito un nuovo tipo di armi, i droni COTS UAV (Commercial Off-The-Shelf Unmanned Aerial Vehicle) con visuale in prima persona (FPV – First Person View).

Questi droni sono stati introdotti da circa un anno in Ucraina. Dopo l’invasione su vasta scala da parte della Russia, sia le forze ucraine che quelle russe hanno iniziato a dotare i droni FPV di granate improvvisate, spesso con propulsione a razzo. Montate su piccoli “quadricotteri”, sono utilizzate in particolare per colpire veicoli nemici in movimento, da diverse angolazioni. Mentre droni armati di maggiori dimensioni sono stati precedentemente utilizzati nei bombardamenti in Etiopia, Nigeria e Libia, appare nuovo in Africa l’uso di piccoli droni militari “usa e getta” che esplodono all’impatto.

In Sudan, il conflitto aperto tra le due fazioni è scoppiato nell’aprile 2023. Da una parte, le Forze di Supporto Rapido (RSF – Rapid Support Forces), che hanno una forte presenza nel polo commerciale sudanese, cioè nella capitale Khartoum e nei centri attigui di Omdurman e Bahri, e rappreentano un alleato chiave dell’asse Emirati Arabi Uniti-Wagner-Haftar

Dall’altra le Forze Armate Sudanesi (SAF – Sudanese Armed Forces) del “presidente” Abdel Fattah al-Burhan, che hanno un’indubbia supremazia aerea. Le RSF sono l’unica forza sudanese a rappresentare una minaccia per le SAF, anche in conseguenza della scelta del gruppo Wagner, che dallo scoppio del conflitto ucraino ha abbandonato completamente l’esercito sudanese e optato per l’appoggio ai paramilitari delle RSF e al loro leader Mohamed Hamdan Dagalo, detto Hemedti. Le rotte di rifornimento di armi delle RSF, che contribuiscono a sostenere il conflitto, passano ancora attraverso i principali punti di transito legati a Wagner [ne abbiamo dato conto in un precedente articolo]: la base aerea e navale russa nella regione costiera siriana di Latakia, le basi militari in Libia (al-Khadim airbase e Jufra airbase) e l’aeroporto di Bangui-M’Poko, nella Repubblica Centrafricana.

In risposta, le Forze Armate Sudanesi, e gli affiliati SMF (Special Mission Forces – قوات العمل الخـاص), hanno iniziato a utilizzare, come arma emergente, i droni kamikaze, capaci di sorvolare un’area per un lungo periodo di tempo, utilizzando sensori avanzati per identificare e tracciare i bersagli. Una volta individuato un obiettivo, le munizioni vaganti possono essere guidate da lunghe distanze e colpire con precisione.

Le tattiche utilizzate negli ultimi attacchi in Sudan riflettono i modelli militari ucraini: un’opzione attraente per le forze armate africane, che spesso si trovano ad affrontare guerre asimmetriche e hanno risorse limitate da dedicare a sistemi d’arma costosi e sofisticati.

SOPRA: Un post sulla pagina Twitter/X dell’Esercito sudanese mostra la sequenza di attacco e il pickup delle RSF in fiamme, colpito da un drone killer di fabbricazione ucraina, secondo quanto afferma il testo in arabo. A SINISTRA: nella stessa pagina ufficiale delle SMF è mostrato l’assemblaggio artigianale di un piccolo ‘quadricottero’ con una granata.

Il coinvolgimento ucraino in Sudan attraverso le forniture militari appare confermato. Lo scorso 20 settembre, in un’intervista a Radio NV, il portavoce della Direzione centrale di intelligence del ministero della Difesa ucraino (Gur), Andriy Yusov, non ha confermato né negato il ruolo dell’Ucraina nell’attacco contro il gruppo paramilitare appoggiato da Wagner in Sudan. Non confermate, per ora, le voci che vogliono anche soldati ucraini in campo a fianco delle SAF.

Military Industry Corporation – Sudan

La guerra favorisce la nascita dell’industria delle armi nei paesi coinvolti,

La Military Industry Corporation (MIC Holding Co. Ltd) – l’industria militare di stato sudanese sviluppatasi nel tempo con il supporto russo, bulgaro, cinese, iraniano – ha presentato lo scorso febbraio a Abu Dhabi, nel corso dell’esposizione militare IDEX 2023, e in seguito lo scorso luglio a Istanbul, nel corso dell’International Defence Industry Fair 2023, la sua munizione circuitante Kamin-25.

La munizione è stata progettata come parte integrante di droni COTS UAV. Può trasportare una testata anticarro da 5 kg o una testata antiuomo da 7 kg con una durata di volo di 45-60 minuti. E’ attualmente in fase di test da parte dell’aeronautica militare sudanese sugli UAV Z3-M.

Il Sudan utilizza anche una serie di droni più grandi per la sorveglianza e gli attacchi di precisione, inclusi gli UAV Mohajer-6, 4 e 2, realizzati dall’iraniana Qods Aviation Industry Company, Gli UAV Zagil-3/Ababil-3 e 2, prodotti dall’iraniana Iran Aircraft Manufacturing Industries (HESA), e Rainbow CH-3 e 4, distribuiti dalla China Aerospace Science and Technology Corporation.

La “munizione circuitante” (loitering ammunition) fabbricata da MIC è stata recentemente presentata nelle principali fiere del settore in Medioriente.

Lo sviluppo di munizioni vaganti da parte del Sudan è significativo nel panorama della difesa africana, con implicazioni di vasta portata per il futuro dei conflitti nel continente. Questa è l’evoluzione della guerra. Pochi eserciti NATO dispongono di equivalenti droni d’attacco a costi paragonabili. Quello che si adatta meglio ai nuovi scenari è forse lo satunitense Switchblade-300, inviati a migliaia in Ucraina.

Nuove armi battle tested

Mentre il conflitto sudanese si avvia a superare l’ottavo mese, sugli account ufficiali delle Forze Armate Sudanesi compaiono una serie di attacchi effettuati con piccoli droni kamikaze FPV, assemblati artigianalmente.

Le RSF dispongono di un proprio inventario di droni unici che utilizzano in combattimento. Lo scorso 13 giugno, un drone militare VTOL (Vertical Take-Off and Landing), armato con colpi di mortaio da 120mm TB UT-M18 Special Fuze, è stato abbattuto dalle SAF. Come sappiamo, i proiettili termobarici sono stati prodotti dalla società serba Jugoimport SDPR nel 2020, e successivamente venduti alla compagnia emiratina Emirates Advanced Research and Technology Holding (EARTH).

CLa foto del drone VTOL pubblicata sulla pagina Twitter/X del sito ufficiale delle SAF. SI noti a destra il proiettile termobarico di fabbricazione serba.

Come sono arrivati i droni negli arsenali delle RSF? Anche se le fonti al proposito sono incerte, sembra plausibile che i droni siano entrati nella disponibilità del gruppo paramilitare in seguito alla conquista dello Yarmouk Military Industrial Complex di Khartoum, uno dei principali stabilimenti del MIC, ndllo scorso giugno.

Sebbene l’esatto tipo di UCAV (Unmanned Combat Air Vehicle) sia ancora sconosciuto, appare simile nel design ad alcuni droni abbattuti dalle forze Houthi nello Yemen nel 2020 e ad altri UCAV utilizzati dall’Ethiopian National Defense Force, nella regione etiope del Tigray, nel 2021, tutti di probabile fabbricazione emiratina. Rimane possibile che

le RSF abbiano acquistato droni dallo Yemen, fiorente mercato di armi, e poi trasportati servendosi delle reti di contrabbando ben consolidate nel paese, attraverso il Mar Rosso e fino al Sudan. In alternativa, c’è anche la via del contrabbando attraverso la vicina Eritrea, visti gli stretti rapporti che legano sia l’Eritrea che le RSF agli Emirati Arabi Uniti. Possibile infine che gli armamenti provenienti dagli Emirati Arabi Uniti giungano in Sudan attraverso il Ciad.

Intanto il Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti (OFAC) ha annunciato sanzioni finanziarie contro la società di forniture militari russa, Aviatrade LLC, e la società di tecnologia informatica e sicurezza sudanese GSK Advance Company Ltd., accusate di aggravare l’instabilità del Sudan mediante la fornitura di droni alle Forze di Supporto Rapido.

Il ruolo degli Emirati Arabi Uniti

Nei pressi dell’Aéroport International ‘Maréchal Idriss Deby’ di Amdjarass, in Ciad, lo scorso luglio è stato inaugurato un ospedale da campo, finanziato dagli Emirati Arabi Uniti per sostenere i rifugiati sudanesi nel paese. Il team comprende l’Emirates Red Crescent, lo Zayed bin Sultan Al Nahyan Charitable and Humanitarian Foundation e il Khalifa bin Zayed Al Nahyan Foundation, guidati dall’UAE’s Office for Aid Coordination in Chad.

Perchè un nuovo ospedale in un’area remota, lontana dalle strade principali, in cui l’UNHCR ancora oggi registra poche centinaia di rifugiati, distribuiti in accampamenti temporanei?

Tra maggio e settembre 2023 nell’aeroporto di Amdjarass, in Chad, è stata osservata una serie insolita di voli cargo Ilyushin Il-76 TD provenienti dall’Al-Reef military airbase di Abu Dhabi, negli Emirati Arabi Uniti, con scalo intermedio a Entebbe in Uganda, o a Nairobi in Kenya, o a Kigali in Rwanda. Non tutti i voli sono rientrati ad Abu Dhabi, spesso vengono coinvolti altri aeroporti più piccoli negli Emirati Arabi Uniti, come Fujairah, Al-Ain e Ras Al-Khaimah. La partenza dallo scalo militare dell’aeroporto internazionale di Abu Dhabi, suggerisce che si tratti di un ponte aereo non commerciale, ed esclude anche l’ipotesi di aiuti umanitari destinati ai rifugiati sudanesi, invii che solitamente decollano dall’aeroporto di Abéché.

L’ospedale da campo di Amdjarass, in Ciad, si trova. a sole 30 miglia dal confine sudanese,

RImane poco plausibile che un ponte aereo che coinvolge di centinaia di voli possa essere al servizio di un ospedale da campo con soli 50 posti letto, sorto in un’area periferica anche rispetto alle vie usuali dei rifugiati. Fonti militari e ufficiali ugandesi assegnati all’Entebbe International Airport, menzionano l’invio in Ciad di veicoli corazzati leggeri, missili anticarro, droni e munizioni provenienti dagli Emirati Arabi Uniti. Di questi armamenti, una parte sarebbe stata destinata alla Garde Nationale et Nomade du Tchad (GNNT), mentre l’altra sarebbe stata inviata alle RSF, verosimilmente presso l’al-Zurug camp, in North Darfur. [Fig.8]

E l’ospedale da campo, così progettato, sembrerebbe avere la funzione di punto MedEvac (Medical Evacuation) per combattenti appartenenti alle RSF.

Poco prima che prendesse avvio il ponte aereo degli Il-76 TD ad Amdjarass, nel giugno 2023, si è registrato l’ l’incontro tra Idriss Déby Itno, presidente del Ciad, e Mohamed bin Zayed bin Sultan Al Nahyan, emiro di Abu Dhabi e presidente degli Emirati Arabi Uniti, di cui comanda personalmente anche l’aviazione militare. Nell’occasione è stato siglato un memorandum d’intesa sui temi dell’energia rinnovabile, della produzione mineraria e della cooperazione militare.