Le ‘navi della morte’ saudite caricheranno forniture militari a Genova

I lavoratori del porto denunciano che in uno dei prossimi arrivi una nave saudita imbarcherà a Genova materiale destinato alla Royal Saudi Air Force. Materiale militare, dunque, per l’aviazione saudita che è la principale responsabile dei bombardamenti civili in Yemen.L’imbarco di armi a Genova è la conseguenza della caduta delle limitazioni all’esportazione militare italiana verso l’Arabia Saudita, decretata dal governo nello scorso maggio, dopo che un’analoga misura era stata presa nei confronti degli Emirati Arabi Uniti. Secondo il governo, esportare armi in Arabia Saudita è «conforme alla politica estera e di difesa dell’Italia», mentre «sono venute meno» le motivazioni che avevano portato alle limitazioni.

L’opinione pubblica, i lavoratori possono valutare quanto sia concreto il pericolo che le armi italiane vadano ad alimentare conflittti in corso da anni (Yemen, Ucraina) e possano aggravare una situazione politica internazionale sempre più incontrollata (si pensi alle conseguenze del conflitto israelo-palestinese). Le decisioni del governo puntano solo a favorire le aziende italiane, desiderose di profittare della rapida crescita delle spese militari. Ma esportare e anche consentire il transito di armamenti verso zone di guerra è vietato dalla legge 185 del 1990, e anche dal trattato itarnazionale sulle armi convenzionali, firmato e ratificato dal nostro paese.

Quanto poi all’italianità delle aziende che esportano armamenti dal territorio italiano, ci sarebbe molto da opinare. Molti grandi gruppi stranieri, in particolare americani, hanno aperto filiali in Italia che a loro volta esportano materiale militare verso destinazioni terze.

E’ il caso delle casse pronte a partire da Genova con la «Bahri Abha» (prevista per il prossimo 6 novembre) o con la «Hofuf» (passaggio previsto per il 23 novembre) e dirette al porto saudita di Jeddah. Contengono radome, parola composta di ‘radar’ e ‘dome’, che indica le cupole protettive di radar e antenne, per applicazioni svariate: dai grandi radome fino a 20 m di diametro per il controllo del traffico aereo alle protezioni per antenne satcom, per i radar della sorveglianza costiera e quelli del movimento in superficie. I radome si presentano come pannelli per lo più esagonali realizzati in materiali compositi (ceramici, plastici, fibrosi) e piuttosto fragili, tanto che le casse d’imballaggio non sono impilabili. I pannelli vengono poi assemblati in loco per assumere la forma del guscio protettivo a cupola o a parabola.

A sinistra: un radome militare installato sulla collina di Brdy, Repubblica Ceca…
A destra: montaggio di un radome (fonte: https://www.fdsitaly.com/engineering-research-development/).

L’azienda esportatrice è la FDS Italy Srl. Ha sede legale a Tiggiano, provincia di Lecce, ma il centro operativo è a Erba (Como). Dichiara fatturati che negli ultimi tre anni sono andati da 2 a quasi 4 milioni di euro, importi in crescita ma limitati, così come limitato è il numero di dipendenti (otto). Non va confusa con l’omonima FDS Italy, filiale del gruppo americano DXC. Si tratta invece di una piccola azienda italiana entrata su un mercato di nicchia, in cui operano gruppi di grande dimensione (Meggitt, Selcotek Composites, Jenoptik, BAE Systems, Kanfit), ma che dal 2010 – anno della sua costituzione – ha installato oltre 260 radome.

Dalle Relazioni governative sulle autorizzazioni all’export, FDS Italy non compare con precedenti esportazioni, né sembra iscritta al Registro nazionale delle imprese, iscrizione obbligatoria per poter richedere autorizzazioni all’export.