Da dove partono le armi italiane?

Alla vigilia di uno sciopero nazionale nei porti italiani contro l’escalation della guerra e la militarizzazione dilagante, può essere utile ricordare i dati statistici nazionali sull’esportazione delle armi.

Innanzi tutto consideriamo il dato nazionale: nei primi 11 mesi del 2022 l’Italia ha esportato armi e munizioni (comuni e militari) per quasi un miliardo e settecento milioni di euro (1.678 milioni di €). Raffrontando i dati per lo stesso periodo negli anni precedenti, vi è stato un fortissimo aumento: 2019=100, 2020=98, 2021=152, 2022=165.

Tra i primi quattro paesi destinatari, che nel 2022 concentrano i due terzi dell’export, vi sono tre paesi NATO (Stati Uniti, Francia, Regno Unito) e, al secondo posto dopo gli USA, la petro-monarchia del Qatar. Tra i primi dieci si contano altri paesi extra NATO: Brasile, Pakistan, Arabia Saudita e Thailandia.

Il nostro paese si conferma tra i maggiori esportatori di armi e munizioni, anche in aree a forte tensione politico-militare. Si pensi agli scambi crescenti con paesi come l’Algeria, il Ghana, il Kirghizistan, il Kuwait, il Libano, il Pakistan e la Thailandia già citati, e all’interscambio con Israele, in rapidissima crescita soprattutto nelle importazioni.

Come si è distribuito questo consistente aumento tra le province italiane?

La graduatoria delle province che hanno maggiormente esportato armi e munizioni nei primi tre trimestri del 2022 è guidata da quattro province, nell’ordine Brescia, Roma, Pesaro-Urbino e Trieste. Da sole concentrano i tre quarti dell’export.

Il primato di Brescia non stupisce. La forza del distretto della Val Trompia, uno dei più importanti al mondo per la produzione di armi leggere, e la leadership del gruppo Beretta nel mercato mondiale sono noti. Il paese destinatario più importante rimangono gli Stati Uniti, che assorbono almeno la metà della produzione italiana; al secondo posto il Brasile, che sta ricevendo le consegne di un maxi ordine fimato nel dicembre 2020, 159.000 pistole Beretta AMX per le forze dell’ordine brasiliane. Anche la provincia di Pesaro-Urbino è fortemente coinvolta dal boom delle armi leggere trainato dal gruppo Beretta, che qui produce armi con il marchio Benelli: oltre alle destinazioni tradizionali (USA, Francia, Canada) compare la Thailandia, destinataria di una grossa fornitura di fucili Benelli cal. 12.

Insieme, le province di Brescia e Pesaro-Urbino hanno esportato nei primi tre trimestri del 2022 per 454 milioni di euro.

Al secondo posto si trova la provincia di Roma, con 160 milioni di euro esportati in particolare verso Pakistan e Qatar, da far risalire sicuramente a commesse Leonardo, Elettronica e MBDA. Al quarto posto Trieste, con 101 milioni di euro, quasi esclusivamente per le corvette e i pattugliatori di Fincantieri andati in consegna al Qatar.

Al quinto posto della classifica c’è la provincia di Lecco, che esporta in prevalenza munizioni leggere destinate ai tradizionali clienti negli Stati Uniti, nel Regno Unito e in Germania. Si tratta di 81 milioni di € nei primi 9 mesi del 2022, cioè precedenti all’annuncio (novembre 2022) dell’acquisizione del maggior produttore locale – Fiocchi Munizioni – da parte del Czechoslovak Group (CSG) con sede a Praga. E’ probabile che la produzione della storica azienda lecchese, già in forte crescita nei primi mesi del 2022, abbia avuto un’ulteriore impennata a fine anno e nei primi mesi del 2023.

Rimane ufficialmente escluso dalle statistiche il porto della Spezia, cioè il più importante porto italiano coinvolto nelle forniture di guerra. Per ragioni di “riservatezza statistica”, Istat ha reso opachi i dati dell’export di armi e munizioni dal porto ligure, che sono comunque quantificabili in 165-170 milioni di euro nei primi 9 mesi del 2022, in crescita quasi del 20% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Principali paesi destinatari sono stati Francia, Qatar, Germania.

Non è solo La Spezia ad essere inserita in flussi vecchi e nuovi di armi, molti sono i porti italiani su cui è aumentata la tensione del traffico militare. Lo si registra a Genova (+42% rispetto all’anno precedente), a Venezia (movimento moltiplicato per 20!) e a Livorno, altro porto statisticamente ‘oscurato’ ma in cui si registrano crescenti partenze di materiale militare verso paesi dell’Africa occidentale (un terzo del movimento complessivo).