COSA INSEGNA IL CASO «EOLIKA»

Le vicende della «Eolika» rappresentano un vero “caso studio”, non tanto per stabilire le responsabilità di chi avrebbe potuto agire e non l’ha fatto, quanto per provare a individuare quali siano i punti di fragilità e gli spazi entro cui gli operatori possono godere di margini in ombra ed eludere lo spirito ovvero la lettera di leggi e trattati che regolano il commercio degli armamenti.

Della nave, di fatto priva di registrazione navale, e delle figure che vi operavano attorno, dal suo equipaggio al manager greco e alla proprietà libanese, sappiamo ormai molto. Meno noto è il coinvolgimento degli intermediari a cui far risalire la scelta della «Eolika» per un trasporto così delicato e impegnativo, per una nave che nei quasi quarant’anni di attività non ha mai affrontato una traversata atlantica e si è accontentata di una tradizionale e marginale navigazione di cabotaggio.

I tre container che sono stati sequestrati a Dakar erano entrati in dogana a Como, e quindi presumiamo che fossero già stati autorizzati all’esportazione sia dalla Prefettura di Lecco – competente per le munizioni non militari – che dall’ufficio UAMA del Ministero degli Esteri, o anche solo da quest’ultimo nel caso le munizioni non militari fossero destinate a «enti governativi o Forze armate o di polizia», secondo quanto impone la Legge 185/1990 all’articolo 11.

Munizioni Fiocchi sequestrate a bordo della «Eolika».
L’immagine è stata pubblicata da il manifesto del 20.1.2022.

Fonti diverse hanno attribuito valori diversi complessivi alle merci sequestrate: 4,5 o 4,6 milioni di €, ovvero 1,5 milioni di €, o anche 3.335 milioni di franchi FCA (circa 5 milioni di € al cambio ufficiale). Il dubbio si scioglierà tra pochi mesi, alla pubblicazione della Relazione 2022 prevista dalla stessa Legge 185.

Per le operazioni doganali e le spedizioni internazionali Fiocchi Munizioni si serve abitualmente, tra gli altri, di Unisped Srl, la cui sede a Lecco non dista molto da quella principale di Fiocchi. Si tratta di un’azienda a conduzione famigliare, con 4-5 milioni di fatturato annui e 5 dipendenti, specializzata in spedizioni estere, fondata nel 1980 da Guido Ferrario, classe 1945, che ne è proprietario e amministratore unico.

A sua volta Unisped si appoggia per la parte marittima del viaggio a La Mercantile Spedizioni Srl con sede a La Spezia, erede di piccola ma vecchia agenzia marittima fondata nel dopoguerra da Giuseppe Taliercio. Il figlio Mario Taliercio è imprenditore che ritroviamo attivo in molte iniziative, per la verità con esiti modesti secondo quanto si può leggere dai bilanci pubblicati. Una precedente La Mercantile Srl è stata ammessa al concordato con riserva dal Tribunale della Spezia nell’agosto 2019.

Tutte queste attività sono comunque imperniate sullo skill marittimo-mercantile famigliare, ad eccezione di una che se ne discosta, poiché la Mugnaioni Srl, con sede a Ponsacco, Pisa, produce e vende dispositivi pirotecnici anche per uso militare, oltre a fumogeni, razzi di segnalazione, fuochi d’artificio, e nel suo sito web si dichiara partner di leader dell’industria militare quali Rwm Italia, Leonardo, Simmel Difesa, MES, nonché fornitore del Ministero della Difesa e della Nato. Iscritta al Registro nazionale delle imprese esportatrici nel 2015, ha ottenuto la prima autorizzazione a esportare fumogeni e cartucce Very a uso militare nel 2020. Sempre nel 2020 è stata costituita la Mugnaioni Defence Srl, con sede allo stesso indirizzo spezzino dove sono attive le aziende di Mario Taliercio.

Nel suo profilo LinkedIn, Mario Taliercio si presenta come Senior Ship Broker e Managing Director presso DANI SHIPPING SRL /LA MERCANTILE CHARTERING / LA MERCANTILE SPEDIZIONI – MUGNAIONI SRL

Per profilo ed esperienza, perché esperto nel chartering navale nonché fornito delle autorizzazioni ad operare anche in proprio con le merci IMO 1 (cioè esplosive), Mario Taliercio sembrerebbe dunque in grado di “trovare” la nave idonea al viaggio delle munizioni Fiocchi verso la Repubblica Dominicana. Tuttavia, intervistato, sembra che abbia invece attribuito la responsabilità della scelta della «Eolika» a un ulteriore intermediario, la società di brokeraggio SSB Srl con sede a Napoli e di cui è amministratore unico Antonio Sigona, classe 1936, figura sulla quale non si è riusciti sinora ad appurare se abbia effettivamente concluso il contratto di noleggio per conto di La Mercantile.

Cogliamo poi nelle parole stesse del presidente di Fiocchi Munizioni, Stefano Fiocchi, un altro elemento di dubbio. In una dichiarazione riportata dalla stampa,1 il presidente Fiocchi ha lamentato «un danno d’immagine, oltreché economico poiché non sappiamo se riusciremo mai a recuperare le munizioni, sempre che vengano conservate correttamente, in modo che non si danneggino. Il cliente sicuramente non ci pagherà». In una successiva intervista, ha poi affermato di non sapere se il carico fosse assicurato, il che conferma indirettamente l’affermazione riguardante l’ingente danno economico e la prevista insolvenza. Ci sembra una scelta poco accorta che l’azienda non abbia provveduto ad assicurare una spedizione che equivaleva, a seconda del valore che vogliamo attribuirgli, tra l’1 e il 3,2% del fatturato conseguito nel 2020 (riguardo al 2021, voci di stampa prevedono addirittura il raddoppio del fatturato, da 142 milioni di € nel 2020 a circa 280 nell’ultimo anno).

In altri casi Fiocchi Munizioni ha provveduto ad assicurare la spedizione anche per importi meno rilevanti rispetto al carico della «Eolika». Prendiamo ad esempio l’autorizzazione richiesta nel 2020 per esportare 7.750.000 inneschi per cartuccia cal. 5.56×45 mm nel Sultanato di Oman, per un valore di 105.400 €: in questo caso l’azienda ha dichiarato anche 5.267 € di compensi per intermediazione e 16.000 € per costi di trasporto, ovvero noli e assicurazioni, costi questi ultimi che incidevano da soli per oltre il 15% del valore della merce. Se è vero che l’Oman è destinazione con “rischio-paese” importante – un recentissimo rapporto degli esperti ONU sullo Yemen, dedicato all’approvvigionamento di armi delle milizie houti, ha indicato l’Oman come “piattaforma girevole” dei traffici2 –, è altrettanto vero che Fiocchi fornisce il sultanato con regolarità e abbondanza da anni, mentre prima del dicembre 2021 e almeno nei precedenti quindici anni Fiocchi non ha mai richiesto autorizzazioni all’export di munizioni da guerra destinate alla Repubblica Dominicana, esordio di mercato che avrebbe giustificato una certa cautela.

Mappa della rete di approvvigionamento di armi dei ribelli houti,
E’ pubblicata a p. 32 del Final report of the Panel of Experts on Yemen al Consiglio di SIcurezza dell’ONU, 25 gennaio 2022.

Allo stato, le notizie che filtrano dalle autorità senegalesi non ci permettono di stabilire se ci troviamo di fronte a un caso di “diversione” di un carico di armi da una destinazione ufficiale a un’altra effettiva e illegale, né se lungo la catena logistica che ha portato le munizioni Fiocchi da Lecco a Dakar vi siano state infrazioni penalmente perseguibili. Possiamo però già affermare che nella vicenda ci si è allontanati di molto da uno standard logistico alto, proporzionato al tipo di merce trasportata e al valore trasportato, fatto di per sé già sorprendente se si considera la rinomanza dell’azienda produttrice e il “danno d’immagine” – come l’ha chiamato Stefano Fiocchi – che ne è derivato, probabilmente superiore ai risparmi realizzati rinunciando alle coperture assicurative e ricorrendo a operatori marginali se non inaffidabili.

Se si volesse rendere più seria la normativa relativa al controllo dell’export di armamenti, senza renderla più rigida, si dovrebbero cogliere le parole di Mario Sommariva (presidente dell’AdSP MLO) come linee di una possibile azione riformatrice:

«Il rischio che carichi sensibilissimi possano essere distolti per destinazioni e fini diversi da quelli consentiti dalla giurisprudenza italiana è reale. […] Per dare maggiore e piena efficacia alla legge 185/90 (“Nuove norme sul controllo dell’esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento”) sarebbe necessario integrarla con una norma che preveda l’obbligo di adeguata certificazione per i vettori marittimi di queste tipologie di merci, che effettuano i trasporti dal nostro paese. Senza porre limitazioni al commercio internazionale potrebbero essere individuati degli standard minimi qualitativi, ivi comprese idonee garanzie e fideiussioni, a cui il naviglio impiegato dovrebbe rispondere. Un simile dispositivo potrebbe permettere alla catena logistica dell’industria italiana delle armi di arginare pericolose infiltrazioni, che trasformano le necessità di sicurezza dei popoli in tempo di pace, in guerre e conflitti».3

In pratica, si tratterebbe di offrire una corsia privilegiata a operatori preventivamente selezionati e vagliati, nonché in grado di depositare garanzie materiali, per poter operare nella catena logistica della difesa e delle armi, mercato di nicchia estremamente appetibile e prestigioso per chi riesce a entrarvi ma molto sensibile per la pericolosità delle merci trattate e le implicazioni internazionali di eventuali “incidenti di percorso”, come quello che ha visto protagonista la nave guyanese.

L’orizzonte prefigurato dal presidente Sommariva lascia intendere, sullo sfondo, una certa sfiducia nella possibilità di fermare un “traffico” mentre sta svolgendosi sotto gli occhi delle autorità formalmente responsabili per i controlli dei trasferimenti di armamenti; ma comporta anche una certezza derivata dall’esperienza, cioè che non si possa lasciare agli automatismi del libero mercato la selezione qualitativa degli operatori e l’autocontrollo del loro operato, tanto più in questa nicchia sensibile del commercio internazionale. Servono regole, servono controlli, ma saranno davvero efficaci solo se preventivi e se sostenuti da meccanismi non impugnabili di garanzie incrociate.

Notiamo per inciso che la proposta di rendere gli operatori logistici co-responsabili insieme al venditore del puntuale rispetto delle autorizzazioni governative all’export di armamenti – proposta avanzata dalle ong durante i lavori preparatori del Trattato sulle armi convenzionali – venne recisamente respinta dai rappresentanti governativi del “mondo libero”, a partire dai paesi allora leader indiscussi dell’industria logistica mondiale. Ancor più ampio fu il fronte che si oppose nella stessa sede alla creazione di un’autorità di controllo internazionale sul commercio delle armi, mentre le auspicate pratiche dei controlli post-vendita (post-shipment verifications) sono lasciate al volontarismo di ben pochi governi, tra cui Stati Uniti, Germania, Svizzera, Repubblica Ceca.4


1 Tiziano Ivani, “Munizioni partite dalla Spezia, il giallo del sequestro in Senegal”, in The Medi Telegraph, 20.1.2022, https://www.themeditelegraph.com/it/markets/regulation/2022/01/20/news/munizioni-partite-dalla-spezia-il-giallo-del-sequestro-in-senegal-1.41148821

2 https://cdn.securitycouncilreport.org/wp-content/themes/scr2018/_resources/img/global/bg_page.gif

3 AdSP MLO, Sommariva: imparare dalla vicenda Eolika, comunicato stampa del 20 gennaio 2022, in: https://www.adspmarligureorientale.it/sommariva-imparare-dalla-vicenda-eolika/

4 A. E. Varisco, K. Brockmann, L. Robin, Post-Shipment Control Measures: European Approaches To On-Site Inspections Of Exported Military Materiel, Sipri Background Paper, dicembre 2020.