Le armi destinate all’Arabia Saudita che transitano da Genova vengono impiegate nella “guerra sporca” in Yemen. Con la complicità italiana.

Genova, 12 novembre 2021. Con qualche giorno di ritardo sul previsto, la nave «Bahri Abha» è arrivata in porto di Genova, accolta dal solito massiccio schieramento di polizia per scongiurare proteste violente che né a Genova né in altri porti italiani si sono mai verificate.

Notizie in attesa di conferma indicano che la «Bahri Abha» sta trasportando decine di carri armati, un gran numero di casse e contenitori di esplosivi, container di merci infiammabili.

Ogni 2-3 settimane, una nave della compagnia Bahri passa da Genova. Da molti anni.

Weapon Watch ha raccolto e pubblicato dal 2019 ad oggi innumerevoli prove che queste navi violano la legge 185/1990 e il Trattato internazionale sul commercio delle armi convenzionali.

Tutto ciò continua ad accadere nell’apparente inerzia delle autorità e del governo italiano, in realtà con il loro pieno sostegno, e anzi su istigazione degli interessi economici coinvolti si è applicata la repressione di polizia a chi osa contestare il “traffico di morte” che continua a svolgersi sotto i nostri occhi.

Cosa ha documentato Weapon Watch circa le tipologie di armamenti trasportati dalle navi saudite?

Facciamo una breve rassegna.

Si va dagli shelter e dai gruppi elettrogeni prodotti dalla società Teknel Srl di Roma ai cannoni CAESAR, canons équipés d’un système d’artillerie della francese Nexter, motorizzati Renault su telai Mercedes-Unimog. Poi abbiamo visto una parte degli oltre 700 blindati LAV (Light Armoured Vehicles) mod. 6.0 fabbricati da General Dynamics e il cui acquisto ha generato uno scandalo economico-finanziario in Canada. E anche sono passati da Genova i blindati Patria AMV 1 di produzione finlandese, i soli concorrenti sul mercato dei LAV di General Dynamics.

Notevoli i quantitativi di main battle tanks visti o documentati nelle stive delle navi Bahri, soprattutto gli Abrams M1A2 e probabilmente anche del modello SEPV 3, recente versione con importanti upgrade elettronici. E persino mezzi specializzati come gli Howitzer 109A6 ‘Paladin’ e i M88A2 Hercules (Heavy Equipment Recovery Combat Utility Lift and Evacuation System).

E, sempre, container e container di munizioni pesanti, missili, esplosivi, in particolare quelle prodotte dalle americane Raytheon e Lockheed Martin, dal gruppo tedesco Rheinmetall, dalla spagnole Defex e Maxam.

Non sono mancati gli elicotteri. Sono stati notati gli AH-64 Apache prodotti da Boeing, elicotteri d’attacco che portano la scritta (in arabo e inglese) «God bless you».

Carri armati Abrams M1A2 nel garage della «Bahri Abha», novembre 2021.

Nella navi «Bahri Abha», in porto a Genova in queste ore, sono stati rilevati almeno una mezza dozzina di Sikorsky UH-60M Black Hawk, in dotazione alla Guardia nazionale saudita.

Tre immagini del garage della «Bahri Abha», con gli elicotteri Black Hawk della Guardia Nazionale saudita (novembre 2021).

Nel 2021, dopo sei anni di guerra, quella dello Yemen è la maggiore crisi umanitaria in corso. Secondo il World Report di Human Rights Watch, sono stati sinora uccisi o feriti 18.400 civili, due terzi della popolazione – cioè circa 20 milioni di persone – richiedono assistenza alimentare ed esposti alla crisi pandemica da COVID-19, le cui dimensioni sono difficili da valutare. Arabia Saudita e Emirati Arabi Uniti continuano le operazioni militari aeree congiunte, sebbene gli EAU abbiano ritirato le proprie truppe nel 2019. In particolare sono state colpite le infrastrutture civili, comprese le scuole e gli ospedali. Nel paese mancano il carburante e i servizi di base, e spadroneggiano le milizie abusive locali.

Le lezioni continuano in una scuola danneggiata sulla linea del fronte, in Yemen.
L’immagine risale al marzo 2021, ed è tratta dal dossier della BBC, Yemen crisis: Why is there a war?, pubblicato il 2 novembre 2021.