BUON NATALE DAL PORTO DI GENOVA

Edifici distrutti dai bombardamenti a Sanaa, Yemen. The New York Times ha pubblicato questa foto insieme alla notizia della distruzione dell’ospedale di Save the Children di Kitaf, il 26 marzo 2019.

È Natale. Un giorno speciale anche per il porto. Oggi non si lavora, le merci si fermano. È il giorno del raccoglimento, degli affetti, dei pensieri sulla vita e sul mondo. Anche il porto si fa etico e le imprese destinano una piccola ma comunque significativa voce dei loro costi alla beneficienza, alla “charity” come dicono nello Shipping anche per farsi capire dagli azionisti sempre meno italiani.

Un porto etico dovrebbe essere un obiettivo di sostenibilità sociale per tutte le componenti della comunità portuale, a cominciare dall’Autorità portuale alle imprese ai sindacati. Ma a Genova, il maggiore porto d’Italia, la sostenibilità sociale non fa parte di nessuna politica e non c’è nessuna rendicontazione pubblica da parte di Palazzo San Giorgio, e circa l’etica secondo le imprese non se ne deve parlare perché la merce non si discute, pena il ricatto del lavoro. Pecunia non olet dal 26 al 24 dicembre.

Potrebbero pensarci l’Autorità portuale o le Dogane, ma da esse non esce alcun dato circa l’eticità dei traffici: sappiamo dell’import di animali esotici impagliati o delle griffe contraffatte o di un container che contiene cocaina, ma poco o nulla dell’origine dei prodotti da mercati del lavoro dominati dallo sfruttamento minorile e dalla violazione dei diritti umani, e assolutamente nulla sui traffici di armi e esplosivi. Su questi ultimi le Dogane rifiutano di fornire dati anche se la legge 185/90 li regola severamente e quindi per forza ci dovrebbe essere un controllo pubblico. A Palazzo San Giorgio, sempre proni alle imprese, tacciono ipocritamente.

La società Steinweg-GMT ha ottenuto dall’Autorita’ di Sistema Portuale del Mar Ligure Occidentale una proroga vinticinquennale della concessione demaniale sul Ponte Eritrea, in scadenza il 31 dicembre 2020.

Oggi, dunque, le imprese bonificheranno le loro donazioni alle diverse cause umanitarie. Ma quest’anno c’è una novità. Viene dal gruppo olandese Steinweg, uno dei principali operatori mondiali della logistica dei metalli, che nel porto di Genova ha un terminal specializzato a Ponte Eritrea, il GMT – Genoa Metal Terminal con annessi magazzini riconosciuti dal London Metal Exchange grazie a cui può fare profitti ulteriori con le borse e i mercati delle materie prime. Di Steinweg è anche il CSM – Centro Servizi Merci, l’area di deposito e magazzinaggio a San Benigno al servizio pressoché esclusivo di GMT.


Tra le navi che scalano regolarmente il GMT ci sono le Bahri della flotta saudita, famigerate perché specializzate nei traffici di armi e esplosivi dai porti del Nord America e dell’Europa verso quelli del Medio Oriente e dell’India. Le navi Bahri sono state denunciate dai movimenti pacifisti di tutto il mondo di rifornire gli eserciti di Arabia Saudita e Emirati Arabi Uniti impegnati nella guerra civile in Yemen, definita dalle Nazioni Unite come la più grave crisi umanitaria in corso. Numerosi stati hanno decretato per questo l’embargo verso Arabia e Emirati, compreso il Parlamento italiano ma limitatamente alle bombe aeree. I lavoratori portuali genovesi hanno spesso contestato queste navi quando si è avuto notizia della presenza di carichi militari ma la direzione di GMT non solo non ha mostrato alcuna sensibilità ma ha accusato vergognosamente i portuali di rovinare il porto minacciando licenziamenti per mancanza di lavoro. Come se le navi Bahri fossero gli unici clienti di GMT che nel 2019 ha fatto utili netti per quasi 5 milioni di euro su 50 di fatturato, come se l’eventuale perdita di ricavi dalle navi Bahri non fosse compensato anche solo da un’oscillazione favorevole della borsa dei metalli che stazionano nel terminal occupando per fini speculativi aree che dovrebbero essere destinate alla movimentazione, e come se i portuali non chiedessero che fossero bandite le armi dirette verso teatri di guerra civile e non certo le merci in genere. Tuttavia, GMT continua a avversare anche le richieste sindacali di sicurezza dei lavoratori e di tutela della popolazione prospiciente il porto allarmati dalla presenza di armi e esplosivi a bordo che sono già stati verificati non essere sempre regolarmente documentati.

La fondazione Make a Wish sostiene dal 2016 l’Ospedale dell’Amicizia di Sanaa, in Yemen, gestita dalla Mezzaluna Rossa.


In questo clima aziendale di spregio dei diritti umani e sindacali, GMT sotto Natale ha deciso di mostrare la faccia buona del padrone sensibile e caritatevole. Ha perciò indirizzato una lettera ai dipendenti annunciando che avrebbe fatto una donazione all’associazione benefica Make a Wish per favorire la cura di due bambini gravemente malati. Vogliamo credere che GMT non si sia accorta della feroce ironia della sua zelante manifestazione di umanità: mentre dona a Make a Wish Italia una parte infinitesimale dei suoi utili per alleviare la sofferenza di due bambini italiani, la stessa Make a Wish con la Mezza Luna Rossa degli Emirati porta avanti dal 2016 un programma a favore di oltre 400 bambini yemeniti sofferenti per gravi malattie contratte in patria devastata dalla guerra civile, anche in questi giorni di Natale 2020 a 5 anni dall’inizio del conflitto, che ha prodotto un’ecatombe umana tra cui migliaia di bambini in larga parte per effetto di armi e esplosivi grazie al cui trasporto GMT ha ricavato una quota dei suoi grassi utili.
Forse è meglio che GMT torni a regalare il panettone ai suoi dipendenti piuttosto che offrirci questo squallido teatrino natalizio della bontà una volta all’anno e solo per i bambini italiani, quelli del resto per cui la donazione è deducibile.