The weapon watch per il 2 giugno

Come tutte le ricorrenze ‘storiche’, anche il 2 Giugno Festa della Repubblica è occasione di riattivazione e attualizzazione della memoria collettiva.

L’Associazione The Weapon Watch è nata col proposito di sostenere la protesta e la lotta dei lavoratori portuali contro il commercio di armamenti destinati alla “terza guerra mondiale” in corso, armamenti prodotti ed esportati dai c.d. paesi sviluppati verso aree di conflitto armato e di estese violazioni del diritto umanitario e delle convenzioni internazionali. 

The Weapon Watch si batte anche perché diventi chiaro agli occhi dell’opinione pubblica italiana che, mentre si impedisce o si ostacola l’immigrazione di esseri umani in fuga da quei conflitti armati, quegli stessi conflitti sono alimentati dall’esportazione di gigantesche quantità di armi e munizioni, prodotte da paesi dell’Unione Europea e dagli alleati “atlantici” come Gran Bretagna, Stati Uniti e Canada. Ancorché i governi dichiarino “legali” questi trasferimenti di armi, essi in realtà sono illegali ai sensi delle leggi nazionali e internazionali e dei trattati sottoscritti e ratificati anche dal nostro paese, e contraddicono apertamente lo spirito e la lettera dell’articolo 11 della Costituzione italiana. La partecipazione poi delle forze armate della Repubblica a guerre non ufficialmente dichiarate e al di fuori dei confini nazionali viola gli articoli 52, 78 e 87 della Costituzione.

Il contributo che The Weapon Watch vuole offrire in occasione della Festa della Repubblica del 2 Giugno è quello di richiamare l’attenzione dei cittadini tutti sulla distanza quasi incolmabile tra il testo fondamentale che dovrebbe ispirare la nostra polis, da una parte, e dall’altra la realtà stravolta della realtà politica in cui si trova il nostro paese, distanza resa ancor più drammatica dal già previsto aumento della spesa militare nazionale e dal massiccio sostegno finanziario che l’industria italiana ed europea delle armi hanno richiesto come quota dei fondi stanziati per uscire dalla crisi pandemica in cui ci troviamo, quota che pretendono in nome del contributo alla nostra “sicurezza” che esse si attribuiscono e che i governi riconoscono loro.